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  • Zio Paperone e le palpebre dorate
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Zio Paperone e le palpebre dorate è una storia di Rodolfo Cimino e Alessandro Gottardo, pubblicata per la prima volta nel numero 2814 di Topolino.

Trama[]

Una notte, Paperino nota che al Deposito la luce è ancora accesa. Zio Paperone infatti, assistito da Battista, è impegnato a scovare tra dei dobloni recuperati in mare tre con dei difetti di conio che li rendono rari e di valore. Dopo un mese di notti insonni, finalmente li trova tutti e tre e fa suonare la tromba del "cessa lavori"; anche Paperino viene a sapere che è tutto finito e chiede a Qui, Quo e Qua di non andare a fare domande.

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Ma qualcosa succede a Paperone che all'improvviso non riesce più ad aprire gli occhi; le palpebre hanno assunto colore dorato e non c'è verso di riuscire a riaprirle. Battista chiama subito Paperino ed i nipotini che consigliano di convocare un luminare. Questi esamina le palpebre di Paperone che sembrano intrise d'oro e, visti quanti dobloni ha controllato durante le notti, emette la sua diagnosi: Paperone inconsciamente non vuole riaprire le palpebre e per curarlo bisogna che odi l'oro almeno per un secondo. Inoltre più passa il tempo, più rischia di abituarsi alla situazione.

Tempo dopo, Battista aggiorna Paperino dicendo che la situazione non è migliorata. Qui, Quo e Qua intano vedono arrivare il circo in città, incluso il grande ipnotizzatore Ipnoticus. Questi viene così assunto per far odiare l'oro a Paperone, ma fallisce miseramente. Giorni dopo, Paperino non sa che pesci pigliare quando ascolta accidentalmente un conversazione in cui un uomo dichiara di essere stato guarito grazie allo stregone Gazzabù nel paese di Tribolandia. Paperino decide di tentare e così, insieme ai nipotini, porta lo zio in Tribolandia anche se Paperone ormai non vuole guarire.

Sul posto, Paperino parla con la guida scoprendo che, in quanto ammalorati e non turisti regolari, devono raggiungere con mezzi propri la tribù sanitaria richiesta. I paperi si mettono in cammino e, a poca distanza dalla meta, vengono attaccati da un rinoceronte. Grazie alle palpebre di Paperone, che riflettono il sole, l'animale viene però accecato e scappa.

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Arrivati finalmente alla tribù sanitaria e pagato per l'ingresso, si presentano così allo stregone Gazzabù. Questi decide di provare ad aprire le palbebre con la "cantata di apertura", ma non funziona e passa allora ad eseguirla con potenti tamburi mandando tutti ko tranne Paperone. Gazzabu decide allora di pungere il papero con un ago d'oro fatto stare su un braciere infuocato. Stavolta la puntura fa effetto e Paperone riapre finalmente gli occhi anche se non è molto contento.

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In più c'è da saldare una parcella di 200.000 dollari e Paperone decide di pagare in monete locali che però getta nel braciere; secondo il papero, se Gazzabù non le prenderà subito verranno considerate rifiutate e se le riprenderà una volta raffreddate. Nell'attesa, sicuro di averlo giocato, Paperone fa una passeggiata coi nipotini. Ma, al ritorno, scopre che lo stregone ha preso le monete grazie a dei guanti da forno forniti da Paperino col quale ha diviso il pagamento. I paperi tornano così a casa con Paperone che ha gli occhi chiusi, ma stavolta dalla rabbia.

Pubblicazioni italiane[]

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