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  • Zio Paperone e la sfida del ragno
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Zio Paperone e la sfida del ragno è una storia scritta da Rodolfo Cimino e disegnata da Giorgio Bordini, pubblicata per la prima volta in Italia il 28 settembre 1969 su Topolino n° 722.

Trama[]

Qui, Quo, Qua sentono uno strano odore: lo Zio Paperone ha profumato il Deposito, oltre che sé stesso, di essenza di violetta per festeggiare un lieto evento. Paperino spiega che una volta all'anno lo zio riceve da un consesso di miliardari la "pergamena di supremazia" che gli conferma di essere il papero più ricco del mondo e che in quei giorni è di umore particolarmente lieto; in effetti, il parente si mostra talmente gongolante che elargisce addirittura cinque dollari ai nipoti.

Poco dopo ricevuta la pergamena, però, il ricco papero si vede recapitare uno strano messaggio: un tale "ragno" gli lancia una sfida, sostenendo di avere una ricchezza superiore alla sua. Agitatissimo, Paperone convoca i nipoti, che gli consigliano di ignorare la provocazione, ma la notte stessa è tormentato da incubi e decide di chiedere spiegazioni a un esperto di sua fiducia.

Lo studioso conferma che in un lontano arcipelago detto Friggi-Friggi il potere è detenuto da un tiranno che si fa chiamare "il ragno" e di cui si dice che abbia favolosi tesori, tanto più che richiede continuamente il versamento di tributi da parte dei sudditi. Paperone decide di partire per la lontana meta, dopo aver coinvolto Paperino (a cui fa conferire da un notaio il titolo provvisorio di "notaio da campo", perché possa redigere un atto sul confronto fra lo zio e il rivale) e Qui, Quo, Qua.

Dopo una lunga navigazione, i cinque arrivano a Friggi-Friggi e iniziano a chiedere notizie del "ragno" ai locali, che però per lo più scappano terrorizzati. Solo un anziano autoctono accetta di parlare in cambio di una bottiglia di rum che Paperone ha portato con sé: il "ragno" è temuto da tutti e vive in un antro dove possiede un favoloso tesoro ed è protetto da guardie armate; il solo modo per vederlo è partecipare alla rituale offerta dei tributi.

Paperone decide di lasciare i nipotini sulla nave per sicurezza, e insieme a Paperino si dirige al tetro palazzo del tiranno, ricavato nelle cavità di una montagna. Una volta ammessi alla presenza del "ragno", tutti gli abitanti dell'arcipelago offrono denaro o altri beni, e per non farsi riconoscere subito il multimiliardario prova a farsi passare per uno di loro, offrendo cinque centesimi.

Il "ragno", che è un ometto piuttosto insignificante coperto da un costume nero e rosso, si infuria per l'esiguità dell'offerta, e proprio da questo deduce correttamente che si tratti di Paperon de' Paperoni. Quest'ultimo dichiara di aver accettato la sfida e di volersi assicurare con mano della pretesa ricchezza del rivale: il "ragno", dopo aver condotto lui e Paperino nelle profondità della montagna, gli mostra una enorme quantità di metallo che sostiene essere oro.

Paperone si accorge subito che non si tratta di oro, bensì di rame, che non è certo sufficiente a rendere il proprietario il più ricco del mondo. Per tutta risposta, il "ragno" fa imprigionare lui e Paperino perché non diffondano il segreto, legandoli a una rete simile a un'enorme ragnatela, riservandosi di decidere con calma della loro sorte.

La notte stessa Qui, Quo e Qua, non vedendo tornare gli zii, decidono di cercarli e, con l'aiuto di torce elettriche, si introducono essi stessi nell'antro del despota, senza apparente difficoltà dato che sia il "ragno" che le guardie sono immersi nel sonno. Dopo aver liberato Paperino e Paperone, i ragazzini affrontano gli avversari proiettando delle immagini di ragni con la luce delle torce: i locali si spaventano moltissimo e finiscono per mettersi fuori combattimento l'un l'altro.

Il "ragno", a sua volta, preso prigioniero finisce per placarsi e racconta ai paperi la sua storia: era un marinaio preso in giro dai suoi compagni per la sua bassa statura, che aveva finito per ribellarsi al comando della sua nave ed era riparato nell'arcipelago sconosciuto. Qui aveva sfruttato la superstizione degli abitanti, che credevano a una divinità in forma di ragno, e aveva approfittato del giacimento di rame per farsi credere il "ragno" in persona. Tutto aveva funzionato finché l'ambizione non l'aveva indotto a sfidare il vero più ricco del mondo.

Paperone vorrebbe far redigere a Paperino un atto con cui il "ragno" accetta di cedergli tutto il rame per risarcirlo dei danni morali, ma i nipotini si oppongono e lo inducono a raggiungere un compromesso: il rivale può mantenere il suo ruolo ma a patto che destini regolarmente una parte della sua ricchezza in beneficenza, e lo stesso si impegna a fare Paperone.

Di ritorno a Paperopoli, Paperino e i nipotini accettano meglio la ritrovata avarizia dello zio, ricordando la donazione benefica (fatta, forse, neppure troppo malvolentieri) che aveva suggellato la conclusione della sua sfida col "ragno".

Pubblicazioni[]

La storia è stata edita cinque volte in Italia:

Inoltre è stata tradotta e pubblicata in Brasile, Cile, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Norvegia e Svezia.

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