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  • Storia di Topolinia
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Topolinia (in inglese Mouseton) è una città dell'universo Disney , tra i principali centri abitati dello Stato fittizio del Calisota , negli Stati Uniti .

Ideata da Floyd Gottfredson, la città è il principale teatro di scena delle avventure di Topolino, Minni, Pippo, Gambadilegno, Basettoni e di tutti gli altri personaggi dell'universo dei topi.

Seicento: la Baia dei Bucanieri

Alla fine del XVII secolo, un manipolo di bucanieri scelse un’insenatura della futura Baia di Topolinia per stabilirvi il proprio quartier generale. La zona prese il nome di Tabasco Bay (o Baia dei bucanieri). Da lì i filibustieri agli ordini di capitan Pismo Tabasco partivano per le loro scorribande e lì riportavano i loro tesori predati.

Riguardo all’epoca, non si può essere meno vaghi rispetto a “fine del Seicento”, con l’unico possibile indizio la data del 1695 che si trova su un baule degli antenati nella storia Topolino e il festival dei bucanieri. L’epoca viene comunque asseverata nella mappa di Topolinia dell’album di figurine Panini nel 2003, e nel più recente dossier TopoTravel di Blasco Pisapia.

Nel presente senza tempo delle storie Disney, l’area di Tabasco Bay risulta tuttora esistente come piccolo villaggio turistico, comprendente un molo per le barche da pesca, una rivendita di attrezzatura ad hoc, l’Albergo del Corsaro gestito dallo zio di Topolino, Topone (o Marmaduke), una banca e qualche casa, fino ad arrivare a circa 300 abitanti come afferma un cartello.

Su idea proprio di Topolino, qui si organizza un periodico Festival dei bucanieri, in cui residenti e turisti in maschera rievocano le scorrerie piratesche, come raccontato nella citata storia di Carl Fallberg e Paul Murry.

A memoria di questo, nel TopoTravel Pisapia ha immaginato una banderuola dorata in forma di veliero posta sulla sommità della cupola centrale del Municipio di Topolinia, per ricordare a tutti i cittadini la discendenza da un manipolo di pirati.

Ottocento: un villaggio di Frontiera

Nell’anno 1880, in un’area desertica non troppo lontana (ma la distanza non viene precisata) dalla futura zona urbana topolinese, era già stato fondato il villaggio di frontiera di Spavent City. Una classica cittadina del West, ma non di secondo piano, dal momento che era munita addirittura di un ufficio di rappresentanza del Governo federale in cui poteva trovarsi casualmente a passare il presidente degli Stati Uniti.

Lì il miglior pistolero nonché trombettiere del momento, Topo the Kid, assai simile ma non imparentato con Topolino, pretese, in cambio del salvataggio da un assalto degli indiani del ministro J. B. Svanch, l’usufrutto integrale della Calidornia, regione definita “tutto quanto esiste nel territorio a Sud delle Cascate di Klanak e a Nord della Valle imperiale”: toponimi, questi ultimi, mai chiariti né mai più impiegati se non in quella singola vignetta (Topolino imperatore della Calidornia, Romano Scarpa).

La fondazione mai raccontata

Dal 1880 al 1930, anno orientativo in cui il giovane Topolino compie le sue prime, mirabolanti avventure dallo Steamboat Willie in poi, c’è un buco di mezzo secolo durante il quale avviene un avvenimento sostanziale: viene fondata Topolinia. All’inizio cittadella di stampo rurale, poi centro urbano in rapida espansione dove ben presto bulli e pupi dell’epoca dei gangster la fanno da padroni, e servono giornalisti coraggiosi a raccontare una realtà tentacolare.

Un passaggio, quello della fondazione, mai raccontato, ignorato da tutte le storie e gli autori Disney, anche perché dapprima Gottfredson pensava a una generica città senza nomi di topi e paperi, senza stare troppo a preoccuparsi delle origini, poi si risolse a chiamarla Mouseville.

Nome, questo, che fu pure cambiato in Mouseton (quello attuale nei Paesi di lingua inglese), pare per problemi di copyright con l’omonima città Mouseville dove si muoveva Mighty Mouse, personaggio animato prodotto da Terrytoons e distribuito da 20th Century Fox.

Il doppio fondatore

A fronte di questa carenza importante, niente data né circostanze note della fondazione della città, è paradossale che siano stati nominati ben due fondatori di Topolinia, entrambi mai visti in azione ma raffigurati in forma di statue alla memoria: ancora una volta, però, come semplici comparse in storie non particolarmente ricordate. Entrambi sono di squisita creazione italiana.

Geremia Ratt è il più noto: compare nel 1995, nella storia Topolino e l'effetto trasmutatore, scritta da Carlo Panaro in cui per un caso di sorte Pluto, un riccio e una libellula finiscono fusi insieme grazie (o meglio, per colpa) a un raggio di Eta Beta, che assieme a Topolino insegue il mostruoso ibrido per mezza città. L’autore mostra conoscenza della storia e geografia topolinese citando, per esempio, la Torre dell’orologio teatro del mitico corto di Topolino, Pippo e Paperino del 1937. E proprio a caccia del Pluto peloso e volante, l’azione si sposta, appunto, sul sito turistico di una statua gigantesca che viene chiamata di Geremia Ratt, fondatore di Topolinia, visitabile dall’interno. Esaurite le gag di un paio di tavole, finisce nel dimenticatoio.

Nell’unica versione esistente, disegnata da Giorgio Di Vito, Ratt ricorda molto Cornelius Coot, fondatore di Paperopoli. Ha lo stesso copricapo alto e stretto, vestiti abbastanza simili da pioniere e la stessa posa di una mano nel porgere qualcosa, sebbene non ci siano pannocchie come nel caso del “collega” paperopolese. Con l’altra mano Geremia regge una bisaccia, contenente chissà che cosa nella sua leggenda mai narrata. La statua è molto grande, addirittura colossale, e si trova a poche centinaia di metri dal Mouseton Bridge, ma a parte questa storia non si rivedrà mai più.

Qualche anno prima, 1987, nella storia Topolino e la scia delle torpedini, Giorgio Figus alla sceneggiatura e Franco Valussi ai disegni avevano fornito un’altra versione, ancora più misteriosa: a fondare Topolinia, secondo loro, è stato un certo Harvey Esploribus, pure omaggiato con una statua. Purtroppo, nella vicenda il manufatto viene sciolto e deturpato nella parte superiore, tanto che non se ne possono vedere le fattezze, ma solo la parte finale della giacca, le calze e le scarpe di foggia ottocentesca. Né viene inquadrato il nuovo monumento che, si spiega, avrebbe dovuto sostituire quello precedente addirittura destinato alla demolizione.

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