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  • Pippo Goethe
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Pippo Goethe è una storia di Carl Fallberg, Anibal Uzál e Hector Adolfo de Urtiága, del Disney Studio (foreign market stories), pubblicata per la prima volta in Italia nella serie Pippoparodie dell’ottobre 2000.


Trama[]

Pippoeta1

Insuccessi poetici

Le prime sei pagine della storia sono una sorta di introduzione alla funzione e attività dei poeti, personaggi creativi e sognatori, ma anche distratti e maldestri; in tutte le epoche, dalla preistoria al Medioevo, un pippide si è cimentato nella difficile arte della composizione con risultati non sempre eccelsi e spesso sottovalutato o addirittura disprezzato dalla pubblica opinione.

Ma si arriva al Settecento e risplende la luce di uno dei maggiori e più versatili artisti europei: Pippo Goethe.

Pippoyorik

Il narratore della storia, un Topolino dell'epoca, ci introduce alla conoscenza dell'amico, che si presenta ai lettori con il teschio di Yorick nella mano declamando i versi corrispondenti dell' Amleto. Il teschio, spiega Pippo Goethe a Topolino, non gli serve per Shakespeare, bensì per i suoi studi di anatomia, tant'è vero che ha scoperto un osso del cranio fino ad allora sconosciuto. Ma poiché Pippo è anche architetto, viene interpellato dal Duca a proposito del nuovo teatro in costruzione e l'anatomia è momentaneamente accantonata.

Goethestrilli

  Bisogna sapere, spiega ancora il topo narrante, che già da neonato l'amico si era distinto per l'acutezza dei suoi vagiti, tanto da far ipotizzare agli orgogliosi genitori carriere da tenore, politico o avvocato; tuttavia, alcuni anni dopo, il piccolo attestò un inaspettato talento poetico, che commosse la mamma, ma spaventò il padre, conscio della tradizione familiare di pippidi poeti inconcludenti, come narrato nell'introduzione. Poiché tuttavia molte erano le arti e gli interessi del bambino, dalle scienze all'architettura, papà Goethe si tranquillizzò e il figliuolo proseguì anche a scrivere poesie di nascosto al padre e sostenuto dalla mamma.

Piccoliladri

Topolino racconta anche il primo incontro con Pippo Goethe: ancora bambino, Pippo viene minacciato per la strada dai due fratellini Bassotti, i monellacci del quartiere. I Bassottini tentano di rubargli il libro dei sonetti di Shakespeare per rivenderlo, Topolino accorre in aiuto di Pippo ma questi, poiché conosce le arti marziali, si libera da solo e rapidamente degli importuni, che giurano di vendicarsi dell'offesa.

Pippo però è di una catastrofica sbadataggine e il padre, nel tentativo di correggere tale difetto, gli trova un posto di paggio al palazzo del Duca, insieme con Topolino. Saputa la cosa, i Bassottini pensano si introdursi a palazzo anche loro e ottengono il sostegno del padre, che da anni tenta di rubare i gioielli della corona. Papà Bassotto ricatta allora uno stalliere perché prenda a servizio i due discoli: rivelerà al Duca i trascorsi da ladro di cavalli dell'uomo se non accetterà la richiesta.

E così i quattro ragazzi si trovano tutti a corte, i Bassottini intenti solo a mangiare e dormire, Topolino e Pippo attivi e zelanti; Pippo inoltre trova modo di imparare a suonare l'harmonium, di fare osservazioni di botanica e zoologia, di cucinare, recitare e dipingere; riesce persino a dare consigli di pittura alla Duchessa. Intanto lo stalliere, esasperato dalla pigrizia e dalle pretese dei Bassottini, pur di liberarsi di loro confessa il suo passato al Duca, che però ne è già al corrente e non licenzia il servitore. I Bassottini vengono così allontanati da palazzo e poi sculacciati dal padre, che ha perso l'occasione di un ghiotto furto.

Grandiladri

Passano gli anni, i bambini crescono e Pippo Goethe prosegue nelle sue multiformi attività, sempre affiancato da Topolino: progetta la torre campanaria della città, introduce nuove piante nel parco, compone musica e la dirige ed è fidato uomo del Duca. Durante un'assenza di quest'ultimo, i Bassottini ormai adulti e già frequentatori delle carceri locali, ritentano la loro vendetta: entrano a palazzo, rubano argenteria e gioielli lasciando poi una poesia per far incolpare Pippo del furto. Lo rapiscono anche, durante una sua crisi di sonnambulismo.

Ducafurente

Quindi i furti e la sparizione di Pippo lo fanno pensare a tutti colpevole, anche all'adirato Duca, ma non a Topolino, ignaro dei fatti perché dormiva nella stalla, ma insospettito dalla bruttezza della poesia. Rintraccia allora il covo dei bassotti, li cattura, libera l'amico e lo fa riabilitare agli occhi del Duca. E l'indizio dei versi, troppo brutti per essere stati scritti da Pippo Goethe, ne sancisce definitivamente la grandezza di poeta nell'opinione pubblica e persino nel diffidente padre.


Analisi[]

La storia è incentrata sulla varietà di studi e interessi di Goethe e sottintende l'eccellenza della sua produzione letteraria: il Faust, la sua grandiosa opera maggiore, non è neppure citato, forse per l'improponibilità del soggetto (patto col diavolo, infanticidio...). Ma dal punto di vista storico la parodia, se così la vogliamo intendere, è esatta: Goethe si applicò in moltissime arti e scienze: architettura, botanica, musica, ottica, teatro; scoprì realmente un osso mascellare e fu al seguito del Duca di Weimar, Carl August di Sassonia Weimar.

Anche in questo caso, secondo uno schema presente già in Pippo Strauss o in Pippo Beethoven, l'eccezionalità del personaggio è segnalata dai potenti strilli di lui neonato e dall'orgoglio e dalle aspettative, contrastanti, dei genitori.


Curiosità[]

Ricostruzione

la pagina ricostruita

  • Becattini, nell'introduzione alla Pippoparodia, ricorda come una tavola della storia (la rapina del Bassotti a palazzo) fosse andata persa e sia stata ricostruita con attenzione filologica da Luca Boschi per questa edizione.
  • Nella storia sono presenti due citazioni da Shakespeare, quella, già ricordata, dall’ Amleto (e presente anche in Don Pippo Chisciotte) ed un'altra dal Riccardo III («il mio regno per un cavallo!»). Goethe leggeva il Bardo, ma sicuramente lo amava anche lo sceneggiatore di entrambe le storie, Carl Fallberg.


Pubblicazioni italiane[]