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Paperino e il vin... pepato è una storia scritta da Rodolfo Cimino e disegnata da Giulio Chierchini, pubblicata per la prima volta in Italia il 27 gennaio 1974 sul numero 948 di Topolino.

Trama[]

Paperino non riesce a far quadrare i conti, e si risolve a chiedere un prestito allo zio Paperone. Stranamente, il papero più ricco del mondo sembra dargli retta, ma poco dopo gli mostra un'immagine - Paperone depresso e stracciato circondato da rifiuti, con la didascalia "prestava", e accanto lui stesso soddisfatto fra il suo denaro, con la didascalia "non prestava" - a monito dell'inopportunità di concedere prestiti se si vuol far prosperare un impero finanziario, per scacciare poi brutalmente il nipote con un congegno automatico.

Una volta fuori dal Deposito, Paperino incontra un vagabondo che pasteggia con vino e salsicce. Lo sconosciuto gli propone di usare proprio il vino per risolvere i suoi guai: la bevanda, infatti, dando una piacevole euforia a Paperone, lo renderebbe più malleabile anche in fatto di denaro. Paperino riflette che il magnate non beve vino per risparmiare sull'acquisto, ma accetterebbe pur sempre una bottiglia in regalo.

La prima bottiglia, però, non ottiene alcun effetto: Paperone se la lascia regalare e la beve con piacere, ma rimane inflessibile sul prestito; e lo stesso succede quando Paperino, dopo aver prelevato i risparmi di Qui, Quo, Qua, offre allo zio una serie di vini pregiati. Rinunciando a fare altri tentativi, e rimanendo a corto di denaro, Paperino deve accettare una poco invitante offerta di impiego dallo zio: recarsi a fare il rappresentante di prodotti P.d.P. in luoghi sperduti.

Albivinpepato

La copertina degli Albi di Topolino n° 1284 dedicata alla storia.

Paperino parte insieme ai nipotini per imprecisati territori lontani e poco civilizzati, in cui i quattro riescono generalmente a vendere della merce, finché non incontrano un popolo dominato da un capo che vive barricato in un edificio simile al deposito di Paperone.

Vinpepato1

Gli autoctoni affermano di non poter comprare nulla, in quanto solo il sovrano possiede delle ricchezze: e al tentativo di Paperino di fare degli affari con lui, il potente reagisce scacciandolo violentemente. Gli abitanti spiegano ai paperi che il capo si ammansisce solo una volta all'anno, quando gli viene offerto un particolare vino: allora, approfittando della sua transitoria ebbrezza, loro possono chiedere udienza e farsi dare un certo numero di monete.

Dato che si avvicina il giorno della vendemmia del vino speciale, i paperi sono invitati a trattenersi: in effetti, il despota gradisce moltissimo il vino e regala ai sudditi un certo numero di monete del suo tesoro, che però loro sono costretti a spendere in uno spaccio statale per acquistare vestiti e attrezzi per l'agricoltura, il loro unico sostentamento: in pratica sono vittime di un circolo vizioso che impedisce loro di acquisire qualunque forma di benessere che vada al di là della semplice sopravvivenza, tanto più che la vigna da cui si ricava il vino speciale è molto piccola e dà pochi frutti.

Qui, Quo, Qua, osservando la vigna da cui si ricava il vino destinato al capo, notano che il terreno in cui è piantata è aurifero, e che proprio l'influsso del prezioso metallo potrebbe inebriare il potente e renderlo temporaneamente generoso. Paperino pensa di poter sfruttare la situazione a suo vantaggio, somministrando la bevanda allo zio Paperone: così, chiede alla popolazione di ottenere una bottiglia residua del prezioso vino, cedendo in cambio gratis parte della merce che dovrebbe vendere per conto dello zio.

Tornato nella sua città, il papero offre il vino speciale allo zio, che effettivamente sembra diventare molto generoso e offre spontaneamente al nipote un buon numero di sacchi di denaro. Paperino crede di poter saldare tutti i suoi debiti, compreso quello contratto per la merce ceduta allo strano popolo in cambio del vino, ma i sacchi donati dal multimiliardario sono pieni di nichelini: evidentemente, l'effetto della bevanda è insufficiente per indurre uno scaltro affarista a rimetterci più di tanto, e del resto anche il capo della popolazione donava ai sudditi lo stretto necessario perché loro acquistassero i beni di prima necessità.

Resosi conto dell'inconsistenza della donazione ricevuta, Paperino non può far fronte a nessun debito, e neppure risarcire Paperone della merce ceduta a fondo perduto: il ricco zio, tornato completamente in sé dopo il temporaneo effetto del vino, lo punisce imponendogli un lavoro ancora più duro nelle sue miniere di sale.

Analisi[]

Vinpepato2

Rarissimo esempio di storia incentrata sul consumo di vino, senza nascondere le conseguenze di eventuali eccessi, Paperino e il vin... pepato si sviluppa con una lunga prima parte sulle consuete dinamiche paperopolesi fra Paperino, i nipotini e il ricco zio, per poi affrontare il tema, tipicamente ciminiano, dello strano popolo isolato dalla civiltà, inserito in una distopia suggestiva benché descritta con una certa ingenuità (non è chiaro come il capo possa accumulare ricchezze in un contesto sociale in cui l'economia è praticamente inattiva).

La "morale" finale, anch'essa un elemento ricorrente fra le storie di Cimino, ricorda che lo spirito affaristico, simboleggiato da Paperone come dallo strano potente del remoto popolo, non può cedere più di tanto alle suggestioni irrazionali date sia pure da un vino specialissimo; il finale, peraltro, dopo le vignette - che sembrano premiare una lunga aspettativa del lettore - in cui Paperone finisce, almeno all'apparenza, per donare senza limiti, può apparire eccessivamente sbrigativo e semplicistico.

Pubblicazioni[]

La storia è stata edita nove volte in Italia:

è invece tuttora inedita in altri paesi.

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