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  • Paperinik e l'intrepido signore del fuoco
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"Resterai con un pugno di mosche, vecchio ribaldo truffatore."
Paperinik


Paperinik e l'intrepido signore del fuoco è una storia scritta da Guido Martina, disegnata da Massimo De Vita e apparsa per la prima volta su Topolino 991 il 24 novembre 1974.

Trama[]

Paperino chiede ad Archimede qualche trucco da utilizzare per le feste in giardino. L’amico gli mostra allora le sue due ultime nvenzioni: un paio di stivaletti jet elettrici, simili a quelli a molla, ma più perfezionati, che consentono anche di camminare sospesi per aria; e le piro-pillole per mangiatori di fuoco, che, grazie ad un’illusione ottica, sembrano sprigionare una fiamma se bagnate in acqua.

Intanto, Paperone è disperato a causa di un lieve calo nei suoi guadagni e ulteriormente di cattivo umore perché il suo ufficio è infestato dalle mosche. Il miliardario chiede ai nipoti di accompagnarlo nella riserva indiana di Lagonero, per due giorni di campeggio, che dovrebbero servire a guarirlo del suo male. In cambio, Paperino dovrebbe restare, per tutto il tempo, di vedetta in cima ad un albero, in attesa di un misterioso segnale. Qui, Quo e Qua accettano con entusiasmo, mentre Paperino, subodorando un imbroglio, rifiuta recisamente; veste quindi i panni di Paperinik e, presi con sé stivaletti e pillole, si reca a Lagonero per scoprire i piani dello zio.

Quella stessa notte, Qua, di vedetta al posto di Paperino, riceve il segnale; allora, Paperone lascia l’accampamento e si incontra col pellerossa Mano Lunga, che gli vende una patente rubata al capo Bisonte Nero. Con essa, il miliardario diventa proprietario della riserva, che all’insaputa dei suoi abitanti sorge su un giacimento di petrolio. Nonostante le proteste dei nipotini, indignati all’idea di essere stati gli involontari complici di una truffa, Paperone si affretta a tornare a Paperopoli per far registrare la patente di proprietà.

Ps15-8

Paperinik, dopo aver assistito non visto a tutta la scena, decide di rendere giustizia agli indiani. Grazie ai suoi nuovi stivaletti, appare nel cielo mentre passa l’auto di Paperone. Il vecchio papero, distratto dalle grida dei nipotini, finisce fuori strada e Paperinik può facilmente sottrarre la patente dai rottami della macchina. A Paperone e Qui, Quo e Qua non resta che tornare a piedi a Paperopoli.

L’eroe si reca quindi con il documento al villaggio indiano; lì, però, Mano Lunga lo accusa davanti a Bisonte Nero di essere l’autore del furto. Paperinik ottiene allora che Manitù dimostri la sua innocenza trasformando l’acqua e l’aria in fuoco (si tratta, ovviamente, del fuoco artificiale delle piro-pillole). Viene così fatta giustizia: Mano Lunga, scoperto mentre cercava di fuggire col prezzo del tradimento, è esiliato e i guadagni del petrolio andranno alla tribù. In cambio, Paperinik chiede a Bisonte Nero l’astuccio della patente.

La mattina dopo, Paperone e i nipotini, esausti per la scarpinata, raggiungono il deposito. Lì, Paperino porta allo zio l’astuccio come regalo da parte di Paperinik; dentro, però, come beffa finale, non c’è il prezioso documento ma, letteralmente, un pugno di mosche.

Analisi[]

Secondo Salimbeti, “la storia graficamente ben realizzata, manca però di mordente risultando nel suo complesso piatta e banale, lontana dalle belle avventure prodotte in genere dall'affiatato duo Martina, De Vita. Gli indiani sono invece rappresentati troppo come un gruppo di ingenui creduloni che si lasciano facilmente impressionare da qualche finta magia”[1] (paradossalmente, l'autore si era mostrato più rispettoso verso i nativi americani e in anticipo sui tempi in alcune storie delìgli anni Cinquanta).

Da notare come questa sia una delle poche storie di Martina in cui Paperinik agisce per motivi puramente altruistici, secondo la tradizione dei supereroi, e non per una rivalsa personale o, come accadrà in seguito, per ottenere un compenso da Paperone.

Edizioni italiane[]

Note[]

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