- Il visconte dimezzato
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- "Io, visconte Medardo di Terralba, metterò il bavaglio all’infida bocca da fuoco!"
- ―Medardo all'imperatore Drusilio
Il visconte dimezzato è una storia di Francesco Artibani, Lello Arena e Silvia Ziche della serie Il Teatro Alambrah presenta, pubblicata per la prima volta in due atti su Topolino 1966 nell'agosto 1993. È la parodia de Il visconte dimezzato di Italo Calvino (1951) e la seconda apparizione del teatro Alambrah, dopo Miseria e nobiltà; la terza è Le furberie di Scapino.
Trama[]
Primo atto[]
A Topolinia si rappresenta Il visconte dimezzato di Italo Calvino, presso il teatro Alambrah. Mentre gli spettatori entrano, dietro le quinte Pippo e Topolino, gli attori principali, sono alle prese con la macchina Quattro Stagioni di Archimede, che pare non funzionare bene. Fortunatamente Archimede ripara il guasto e Il visconte Medardo di Terralba ed il suo scudiero entrano in scena.
I due, partiti per combattere i turchi, arrivano all'accampamento dell'imperatore Drusilio, dove i soldati sembrano passarsela male e incolpano il «vecchio citrullo» delle loro disfatte. Drusilio è a colloquio coi suoi generali che non hanno molte speranze di vittoria, a meno che si zittisca il terribile cannone dei nemici.
Pippo Medardo si offre subito per un tentativo, ben accolto dallo stato maggiore, e avanza con il fido scudiero verso la potente arma che, caricata dai turchi, colpisce in testa il visconte con la sua enorme palla, schiacciandolo. A notte, lo scudiero e alcuni soldati vanno alla ricerca di Medardo, smuovono il pesante proiettile sotto il quale giace il compagno e lo trovano ancora vivo, ma… In seguito, imperatore e sultano firmano la pace e il visconte rientra al castello dei Terralba, nel genovesato.
I sudditi acclamano il loro signore come un eroe, Medardo però non compare in pubblico da molto tempo e il motivo diviene chiaro alla sua uscita dalla carrozza: il visconte è stato ridotto dal cannone a un esserino di bassissima statura, permaloso e acido, che si offende a sentirsi attribuire il nobile appellativo di altezza. I sudditi sono sconcertati ed anche il medico inglese, il dottor Trelawney, sottolinea il mutamento di carattere di Medardo.
I giorni passano e la natura del visconte si rivela sempre più bizzarra e malvagia: adora i temporali, paga a metà i lettighieri, copre di tasse i sudditi, è scorbutico con tutti. Ossessionato dalla sua bassezza, ordina a Trelawney e al carpentiere mastro Pietrochiodo di far dimezzare ogni cosa, forzieri, case, finestre, portate dell'osteria; persino i frutti sugli alberi vengono tagliati a metà dai soldati. Nessuno, neppure il dottore, sa pensare ad un rimedio a queste nocive follie. Un giorno, durante una delle scorribande in cui maltratta uomini, animali e qualunque cosa gli capiti a tiro, Medardo viene incornato nelle parti posteriori da una capretta della pastorella Pamela e finisce in un fiumicello: finge di non adirarsi, ma già progetta una sorta di persecuzione della ragazza.
Inizia quindi a mandarle numerosi regali; vestiti, dolci, vasi di fiori, quadri, tutti tagliati a metà; poi la chiede in moglie. I genitori di Pamela sono commossi, ma la ragazza lo respinge; il visconte, per vendetta, aziona la sua macchina dimezzatrice, un'enorme mazza montata su una catapulta, e abbatte la casetta dei contadini, lasciando nella disperazione la famigliola. Pamela allora decide di allontanarsi per sfuggire a Medardo e, con la capretta, va a nascondersi nel bosco di Pratofungo. Cala il sipario.
Secondo atto[]
Lo scudiero, in pieno inverno e sotto la neve, sta cercando lamponi per il visconte quando viene aggredito da un orso. Si dà alla fuga, ma in quel momento il bestione viene preso al lazo dal visconte, o così almeno sembra, che tratta cordialmente il nuovo arrivato e lo invita a lasciar perdere i lamponi. Lo scudiero galoppa verso il paese gridando la notizia che Medardo è rinsavito, ma viene contraddetto dallo stesso che, uscendo dal castello, nega di provenire dal bosco e fa imprigionare lo scudiero perché non gli ha portato i lamponi. Poco dopo è Trelawney, anch’egli alla ricerca di lamponi, ad essere aggredito dall’orso, ma ricompare il sosia del visconte a rassicurarlo: il plantigrado si diverte a far paura, ma in realtà è un bonaccione. Il Medardo buono fa altre varie apparizioni nel paese: va al soccorso di un carrettiere, di una vecchietta, fa da baby sitter insieme con l'orso, si rende utile in vari modi; ma spesso dopo di lui arriva il Medardo cattivo che ne annulla i benefici. I compaesani, che non capiscono gli sbalzi d'umore e gli opposti comportamenti di chi credono un unico uomo, sono avviliti e preoccupati.
Un giorno alle orecchie del Medardo buono giunge una musica delicata: è Pamela che suona un flauto. Insieme col fido orso, il visconte si avvicina e la solita capretta con una cornata li spedisce proprio davanti alla fanciulla che li accoglie malamente credendo di avere di fronte il suo spasimante insopportabile. Ma un confronto tra i due li porta a concludere che un impostore, molto simile al vero visconte, si spaccia per lui e malversa nella regione. Il visconte buono allora elabora un piano per mettere fine agli abusi del rivale: Pamela finge di accettare la proposta di matrimonio del malvagio, ma si presenta alla cerimonia con il buono. I due si accusano l'un con l'altro di essere un usurpatore e si sfidano a duello per il giorno successivo. Trelawney ha così il tempo si spiegare al Medardo buono che lui e il cattivo sono la stessa persona, divisa in due dal colpo di cannone; commissiona poi a Pietrochiodo una macchina riunificatrice che saldi insieme i due mezzi visconti.
Il giorno dopo, sulle merlate del castello, ha luogo il duello e i colpi di spada calano frequenti e decisi; ma sotto le merlate viene collocata la macchina riunificatrice e il Medoro buono vi fa cadere dentro il cattivo, per poi seguirlo. La macchina si agita, traballa e sputacchia, ma alla fine ne esce un visconte intero che sposa Pamela e riporta la pace.
Si chiude il sipario e il pubblico applaude, tranne Gambadilegno, le cui rimostranze sono però messe a tacere da un lancio di pomodoro in faccia inflittogli dalla macchina di Archimede. Quest'ultimo fa rinchiudere poi nelle casse i due robot che impersonavano i due Medardo e, poiché ha dimenticato di disattivare quello cattivo, si assiste ad un'ultima esplosione di improperi prima del definitivo spegnimento. Ma il povero Pippo, scambiato dagli operai per uno dei due robot, finisce anche lui in una cassa.
Analisi e riferimenti[]
Lello Arena ha collaborato più volte con gli sceneggiatori Disney: oltre che nella miniserie del teatro Alambrah, anche in tre storie con Amelia: Amelia e la pietra pantarba, Amelia e la furia degli elementi e Amelia e il segreto di babbo Natale.
Questa storia recupera parte dell'originale di Calvino: i nomi dei personaggi e dei luoghi sono inalterati, come pure l'epoca dell'azione e i tratti peculiari del carattere di Medardo, l'irritabilità e la spietatezza, nonché la mania di dimezzare tutto, compresa la paga dei lettighieri. Il romanzo di Calvino però, pur condotto anch'esso in toni umoristici e parodistici del cosiddetto tema del doppio, è più truce: mastro Pietrochiodo costruisce forche per i numerosi condannati a morte, in realtà colpevoli di reati minori; l'anziana balia viene relegata in una comunità di lebbrosi che abitano Pratofungo, i massacri di uomini e cavalli negli scontri bellici sono descritti con crudezza e insieme ironia. Ci sono poi gli Ugonotti puritani, le azioni incendiarie del visconte… Una tale abbondanza di personaggi e vicende secondarie non poteva essere compresa in una storia Disney che infatti sacrifica il non essenziale per puntare agli effetti comici più sfruttabili: primo fra tutti il dimezzamento del visconte, che non è una divisione verticale in due metà, ma un molto più divertente accorciamento dell’altezza, che riduce Medardo a una testa sopra una mezza armatura dalla quale spuntano due goffi piedi.
Ci sono poi i due animali-aiutanti dalle personalità ben delineate: l'orso (inesistente nel racconto) del Medardo buono e la capretta (che ricorda molto Billy) di Pamela, tanto pacioccone e bonario il primo, quanto la seconda è suscettibile e disposta alle incornate. Si segnala un ultimo particolare farsesco: nella galleria dei ritratti degli antenati, dopo dipinti di arcigni guerrieri, c'è quello del visconte, ritto sulla pedana di una scaletta.
Principali pubblicazioni italiane[]
- Topolino 1966 (1993)
- I Grandi Classici Disney (seconda serie) 208 (2004)
- I Classici della Letteratura 25 - Topolino e la guerra dei mondi (2006)
- Tesori Disney 15 - Il teatro Alambrah (2012)
- I Classici della Letteratura (2a edizione) 37 - Topolino e la guerra dei mondi (2013)
- Capolavori della Letteratura (3a edizione) 36 - Topolino e la guerra dei mondi (2020)