- I Tre Caballeros cavalcano ancora
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I Tre Caballeros cavalcano ancora è una storia di Don Rosa pubblicata per la prima volta nel 2000: essa riunisce Paperino, José Carioca e Panchito Pistoles in un'avventura alla ricerca di un tesoro messicano.
La storia prende spunto dal famoso classico d'animazione I Tre Caballeros, in cui il trio si riunisce per la prima volta, e si pone come un ideale seguito del film; Don Rosa ideerà poi un ulteriore seguito con la storia I magnifici sette (meno quattro) Caballeros (2005).
Trama[]
Portando i nipotini ad un raduno delle Giovani Marmotte in Messico, Paperino è costretto a separarsi da loro per un intero weekend. Un commento inopportuno di uno dei tre, però, che lo definisce un rompiscatole, lo manda in sconforto, ma gli fa accennare brevemente a quando aveva due compagni d'avventure molto tempo prima che i gemelli entrassero nella sua vita.
Salutatisi, lo zio si reca in un albergo dove José Carioca, assunto come cantante, sta facendo il cascamorto con una ragazza, che però si rivela fidanzata con il pericolosissimo bandito Cappello d'Oro: scoperto dall'uomo, il pappagallo si getta dalla finestra, cascando esattamente sulla 313 di Paperino, che sgomma via non appena il bandito fa fuoco su di loro. Riunitisi, i due compagni si fanno coraggio a vicenda e decidono di tornare a sfidare Cappello d'Oro, ma finiscono fuori strada e si perdono nel deserto; fortunatamente (e fortunosamente) laggiù ritrovano anche Panchito Pistoles e il suo cavallo, Señor Martinez, che li coinvolge immediatamente nella caccia al tesoro che sta conducendo alla ricerca della città perduta di Tayopa, la più grande miniera d'argento del Messico. Proprio grazie a Paperino, e alla sua esperienza con lo zio Paperone, i tre ritrovano la città e in essa dei barili pieni di argento raffinato.
Purtroppo, al primo villaggio in cui li trasportano, incontrano di nuovo Cappello d'Oro, che ruba loro i barili sequestrando il treno su cui sono caricati. I Tre Caballeros, però, non si danno per vinti, e riescono ad inseguire e abbordare il treno a bordo della 313, dove affrontano il bandito in persona in un rocambolesco scontro su un percorso di tornanti montuosi, complicato dal fatto che il macchinista sgancia i vagoni in piena salita per salvarsi. Alla fine, riescono a far precipitare il bandito giù dalla montagna, da dove piomba dritto in galera, mentre Paperino, José e Panchito riescono a salvarsi all'ultimo, sempre grazie alla fida utilitaria, e anche a recuperare i barili. Purtroppo, li aspetta un'amara sorpresa: i barili in realtà sono pieni di mercurio, all'epoca usato per raffinare l'argento, e così il loro tesoro è senza valore, ma, ormai ristabilita la loro vecchia amicizia, si fanno solo una grassa risata e tornano a casa.
Ritornati in albergo, ritrovano il datore di lavoro di José, che vuole un numero speciale per quella sera: così si esibiscono proprio i Tre Caballeros, con la loro simbolica canzone, e i nipotini stessi, tornati quella sera, testimoniano la rinascita dello zio, che finalmente ha ritrovato la serenità e l'allegria di una vera compagnia di amici.
Analisi[]
Il tema principale della storia è un completo ribaltamento della persona di Paperino: se il papero è famoso per essere perennemente sfortunato, pigro, scorbutico e fallimentare, qui si vede invece un papero energico, solidale con gli amici e con uno spirito di avventura che contrasta con le comuni raffigurazioni, soprattutto quelle con Paperone, che vedono lo zione trascinare in fantastiche imprese un nipote sempre controvoglia.
Per attuare questo ribaltamento, il Don usa il meccanismo della decontestualizzazione, rimuovendo Paperino dal comune contesto paperopolese e ponendolo come protagonista di un'avventura tutta sua, con comprimari legati solo alla sua figura; simbolo e personificazione del distacco dallo status quo sono i nipoti stessi, portatori della "vecchia immagine" (vedasi il commento sul suo brutto carattere che uno di loro fa), che si allontanano da lui all'inizio e ritornano soltanto alla fine a testimoniare, con un certo stupore, la "nuova immagine" del loro zio, non più rissaiolo e collerico, ma capace di ridere delle proprie disgrazie.
La decontestualizzazione non colpisce solo Paperino, ma anche José, qui un cabarettista dongiovanni, che nelle storie brasiliane ha ormai assunto il ruolo dell'amico di sfortunato nullafacente: emblematica a tal proposito la vignetta in cui Panchito esclama "Siamo ricchi" e gli altri due, abituati a sgobbare senza ricavare un soldo, rimangono sbigottiti dall'altruismo e la fedeltà esternati dal galletto (basti pensare che più di una volta Paperone, con la scusa di essere proprietario della mappa, intasca tutto il tesoro, e qui Panchito, nella stessa situazione, non ci pensa due volte a spartirlo).
Un altro vantaggio del differente contesto è quello di porre Paperino sotto una nuova luce, ampliando tratti del suo carattere dati usualmente per scontati, in particolar modo come i due latinoamericani lo considerino il migliore tra loro perché vuole semplicemente usare la propria parte per accudire al meglio Qui, Quo e Qua invece di aspirare ad agi e ricchezze come loro. Ovviamente Don Rosa non risparmia le sue solite gag comiche ai danni del povero papero e ne riserva alcune anche per José e Panchito, tuttavia cambia lo spirito con cui le affrontano, con ottimismo e positività, una volta dismesso il "mantello" della tradizione.
La storia è soprattutto un'avventura di fratellanza, amicizia e cameratismo, in cui gioie e dolori sono spartiti in ugual misura da tutti e tre i Caballeros: ognuno ha la propria parte del leone e le proprie vicissitudini, e in questo Don Rosa eccelle nel ricordare, tramite battute e insinuazioni, che il gallo e il pappagallo non sono spuntati dal nulla, ma hanno avuto anch'essi la loro dose di avventure "fuori onda", il che ne aumenta il senso di solidarietà.
Alla fine, com'è ovvio, lo status quo è ristabilito come sovrano, con i tre collezionanti un ennesimo fallimento, ma viene anche schernito nella loro grassa risata che lascia evincere una consapevolezza che le loro avventure insieme non sono finite.
Curiosità[]
- Panchito saluta i ritrovati amici con la frase "Saludos Amigos": questo è anche il titolo del film immediatamente precedente a "I Tre Caballeros" e che vede il debutto di José Carioca.
- Quando lo incontrano per la prima volta, Panchito e José ricordano entrambi a Paperino le loro avventure con le "señoritas": palese riferimento alle varie donne che Paperino corteggia per tutto il film.
- La versione a fumetti della loro canzone, che i Tre Caballeros recitano in versione integrale con tanto di coreografia ricostruita, è tradotta appositamente in italiano, mentre nel film era lasciata in spagnolo;
- In originale, Don Rosa fa recitare loro la moderna versione inglese, che comincia con "We're Three Caballeros, yes Three Caballeros"; quando il film uscì, a causa delle differenze connotazionali dell'epoca, la frase recitava "Three gay Caballeros".
- José e Panchito usano talvolta espressioni leggermente diverse per dire la stessa cosa: il primo infatti parla portoghese, il secondo spagnolo; per contro, Paperino non sempre sembra capirli.
- Come Barks prima di lui, Don Rosa gioca coi Canoni Disney, infatti Cappello d'Oro minaccia più volte, con fatti concreti, il trio di morte; persino la sua fidanzata fa lo stesso incoraggiandolo.
- Quando Cappello d'Oro ricarica la pistola, Don Rosa la disegna col tamburo basculante di lato: questo è un errore, dato che quell'arma (riprodotta dettagliatamente) non ne è capace.
- Il D.U.C.K si trova nella prima vignetta, sull'asse della palizzata a sinistra, confusa tra le venature del legno.
Edizioni italiane[]
- Zio Paperone 142 (2001)
- Uack! 27 - 4 - Gita in America Latina (2016)
- Don Rosa Library 17 (2019)