Mickey stava ormai terminando di attraversare il lungo corridoio. L’imprevisto scontro con Gambadilegno lo aveva un po’ turbato, ma ormai era in ballo, e come si suol dire “Quando si è in ballo, bisogna ballare”. Mentre nella sua testa continuava a rimuginare su quale fosse il modo migliore di affrontare qualsivoglia nuova sfida che gli si sarebbe eventualmente posta innanzi, Topolino giunse alfine in un imponente atrio parzialmente illuminato da alcune fioche lampade ad olio attaccate a distanza di svariati metri l’una dall’altra lungo le pareti dello stanzone. Al centro della sala si stagliava imperiosa la figura di Macchia Nera, ghignante come suo solito.
«Ehilà, Mickey! Da quanto tempo... Hi, hi, hi! Ti piace la mia idea di utilizzare lampade ad olio per illuminare i saloni? Io trovo che contribuiscano a dare più... Atmosfera.»
«Non sono venuto qui per conversare amichevolmente con te, Macchia! Questa volta ti sei spinto fin troppo oltre! Nel caso non te ne fossi accorto, c’è gente che sta morendo, dall’altra parte di questo castello! Sei arrivato anche a reclutare Pietro...»
«Oh, quello stupido, grosso bestione! Abbiamo lavorato molte volte insieme, in passato, ma si è sempre rivelato un buono a nulla come socio... Speravo di avergli trovato un compito alla sua altezza, questa volta, ma alla fin fine non è stato utile nemmeno come diversivo. Patetico. E pensare che gli avevo persino concesso un paio di piccoli “stimoli” perché desse il meglio di sé...»
«Di che parli?» Chiese Topolino con aria incuriosita.
«Oh, è molto semplice.» Rispose Macchia Nera con un sorrisetto malefico che si faceva strada sulla sua maschera. «Inizialmente avevo deciso, in nome dei vecchi tempi, di renderlo edotto circa il mio piano, ma la sua reazione è stata talmente esagerata che sono arrivato addirittura a temere che decidesse di denunciarmi alla polizia, renditi conto! Pertanto, mi sono preso la libertà di “prendere in consegna” la sua “piccioncina” Trudy, al fine di obbligarlo a perseguire le mie volontà. Poco fa gli avevo persino iniettato uno stimolante che gli aumentasse l’aggressività, in vista del tuo arrivo da queste parti, ma si è rivelato un buono a nulla come suo solito. Ah, che vergogna...» Disse Macchia con un'aria che sembrasse quanto più possibile delusa. «D’altronde, chiunque in questa storia non è altro che un mio burattino. Anche i miei “gorilla” che attualmente stanno affrontando i poliziotti sono sotto il mio totale controllo, grazie a uno speciale dispositivo da me applicato alle orecchie di ognuno di loro. In questo modo, combatteranno senza neanche rendersene conto fino alla morte!»
«Sei un mostro!» Replicò sconcertato Topolino.
«Viva l’originalità! Intanto che ci sei, perché non mi butti addosso anche qualche altro clichè?»
«Me ne basta solo un altro... Qual è il tuo piano, questa volta?»
«Non c’eravamo già passati, di qua?» Obiettò Macchia Nera.
«Allora, io... Inizierò a dire “Bulabula” finché non me lo spiegherai!» Disse Mickey con l’aria più seria che riuscì a mantenere.
«Oh, per piacere, facciamo i ser...»
«Bulabulabulabulabulabulabulabula...»
«Ok, smettila!» Replicò Macchia Nera leggermente stizzito.
«...Bulabulabulabulabulabulabulabulabulabula...»
«Va bene, ora può bastare!!»
«...Bulabulabulabulabulabulabulabulabula...»
«HO DETTO BASTA!» Urlò Macchia con i nervi ormai a fior di pelle.
«Allora, tu raccontami del tuo piano!» Disse Topolino con aria decisa e le braccia incrociate.
«D’accordo, Cristo santo! E io che pensavo che con l’età si maturasse...»
«Tutto merito delle lezioni di psicologia che ho seguito a un corso di aggiornamento per detective privati al quale ho preso parte qualche tempo fa!» Disse Mickey sorridendo con aria vittoriosa.
Macchia Nera riprese dunque la sua calma, dopodiché, a seguito di un momento di raccoglimento atto a riordinare le idee, ricominciò a parlare con intento esplicativo.
«Prima di iniziare a spiegare, mio piccolo, fastidioso topastro, prova a rispondere a questa mia domanda: quali sono le aree del cervello adibite alla gestione della paura e della memoria?»
«Ahm... Beh... Se non ricordo male, dovrebbero essere... L’amigdala, l’ippocampo e il talamo.» Rispose Topolino dopo essere rimasto pensieroso per qualche secondo.
«Bravissimo, caro il mio odioso saputello perfettino!» Replicò Macchia Nera sorridendo, seppur con una certa aria di disprezzo «Alla luce di ciò, direi che il resto del mio piano inizierà a farsi di più facile comprensione. Ordunque, prova un po’ a mettere in moto la tua testolina, piccolo, patetico sorcetto: che cosa accadrebbe se “qualcuno” – io, nello specifico – diventasse in grado, attraverso stimolazioni elettriche più o meno intense, di “solleticare” queste particolari zone?»
«Intendi dire che...»
«Precisamente, disgustoso, penoso ratto di fogna: il qui presente genio, grazie al contributo economico di alcuni ricchi benefattori - ora, ahimè, non più tra noi -, è riuscito a fabbricare e mandare in orbita una serie di satelliti tutti collegati a un sistema di controllo presente in questo palazzo. Per merito di codesti satelliti posso inviare stimolazioni elettriche al sistema nervoso di tutti i soggetti presenti nel loro raggio d’azione, e in particolare nei centri del cervello da te citati, mettendo in comunicazione paura e ricordi, e scatenando nel soggetto un aumento della tensione nervosa e il verificarsi di una serie di allucinazioni legate ad eventi o persone che hanno svolto un ruolo traumatico nel suo passato!»
Nella climax della spiegazione, Macchia aveva assunto ormai un tono decisamente esagitato.
«In verità, fino ad ora questi impulsi ho deciso di inviarli solo nella zona di Topolinia e dintorni... Chiamala una “prova generale”. Ma attivando anche il resto dei satelliti in orbita su tutto il globo, sarò in grado di estendere l’effetto su ogni parte del pianeta! Ciò che si è verificato a Topolinia accadrà in tutto il mondo! E non in modo circostanziale e frammentario come fino ad adesso... Ogni singolo essere umano sulla faccia del pianeta sarà soggetto a questi effetti!!»
« ...Questo fino a che non ti sarà pagato un riscatto da capogiro, oppure a meno che tu non sia incoronato “imperatore del mondo”... Dico bene, Macchia?» Disse Mickey sforzandosi di sorridere, facendo inoltre appello alle sue conoscenze sulla psiche del criminale acquisite in anni di scontri.
«Oh, no, no, no... Sei in errore, vecchio mio!» Replicò Macchia Nera con tono candido. «Non ci sarà nessun riscatto, così come non ci saranno incoronazioni. Ne ho abbastanza di questo genere di cose! E d’altronde... A cosa mi servirebbe essere ricco, oppure un sovrano, in un mondo in cui... Non ci sarà più nessuno?»
Il sorriso di Macchia iniziava a farsi sempre più largo e assunse una parvenza assolutamente diabolica, tanto che nella testa di Mickey si fece prepotentemente largo un’idea, e deglutendo si rivolse nuovamente alla sua nemesi.
«Non vorrai dire che...»
«Bingo! L’ho sempre detto che sei un ottimo detective, sebbene tu abbia anche il difetto di essere un tremendo rompiscatole.» Rispose con aria allegra il criminale.
«Mi divertirò per qualche giorno a vedere il mondo che va in subbuglio, un mondo in cui ogni individuo dovrà confrontarsi con le sue più profonde paure... Mi godrò serenamente il caos e il panico che porteranno la società allo scatafascio... E infine... Quando inizierò ad annoiarmi... Aumenterò al massimo l’intensità degli impulsi elettrici! Un penetrante odore di encefalo fritto si spargerà in tutto il globo terracqueo, e io non dovrò più preoccuparmi di poliziotti che mi danno la caccia e ficcanaso che si intromettono nei miei affari! Sarò completamente, grandiosamente, meravigliosamente solo! Allora, che ne dici?» Domandò Macchia con occhi iniettati di follia e un sorriso stampato sul volto che ormai aveva raggiunto gli angoli opposti della faccia.
Topolino si sbiancò completamene in volto, e fece alquanto fatica a trovare delle parole adatte per replicare. Dopo qualche secondo di silenzio, riprese a parlare.
«T-tu... Tu sei completamente pazzo! Io... Io ti fermerò! Non andrà tutto secondo i tuoi piani!»
«Uffa, Mickey, non avevi detto che lo spiegone sarebbe stato l’ultimo dei clichè che avrei dovuto subire?» Disse Macchia Nera roteando gli occhi con aria seccata.
«Ad ogni modo, ormai mi sono un po’ stufato. Tutto sommato mi mancherà parlare con qualcuno quando non ci sarà più nessuno, ma c’è anche da dire che il più brillante conversatore con cui mi sarebbe possibile dialogare sono proprio io. In fondo, però, anche tu non sei poi così male... Un po’ mi mancheranno questi momenti! Ma bando alle premature nostalgie!»
Detto ciò, Macchia Nera estrasse da una tasca del suo abito una specie di telecomando, e senza neanche guardarlo premette uno dei pulsanti. Mentre Topolino non aveva ancora nemmeno iniziato ad elaborare un piano d’azione, una forte emicrania lo colse.
«Aahhhhh!» Gridò il detective, dolorante, stringendosi le tempie con entrambe le mani.
«Schiacciando questo pulsante ho appena concentrato sulla tua persona un impulso ad alta potenza proveniente dal mio satellite. Tranquillo, non è alla massima intensità, dunque non ti ucciderà... Almeno per ora! Per un paio di minuti dovresti sentire solo un forte mal di testa, mentre in seguito... Beh... Ci sarà da divertirsi! Ora io vado a terminare gli ultimi preparativi. Oh, ma non pensare che ti stia lasciando solo e libero di agire ai miei danni! Anzi, sarai in buona compagnia... Davvero buona!»
Terminata la frase, Macchia cominciò a ridacchiare tra sé e sé e si diresse verso una porta poco distante, entrandovi e sparendo dal campo visivo del detective. Dal canto suo, Topolino continuava a gridare e divincolarsi, cercando inutilmente di calmare il dolore tenendosi la testa. La situazione rimase immutata per un altro paio di minuti.
Dopodiché, tutto cessò. E qualcos’altro iniziò.
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