PaperPedia Wiki
Advertisement
PaperPedia Wiki
Paperonenonnajenny

di Alberto Orsini

Un’assurda e incredibile versione della vita di Paperon de’ Paperoni, che trasuda da ogni pagina il cinismo e la ferocia del “Professore”, il celebre sceneggiatore Guido Martina; al contempo, un’evidente critica alla società italiana, che deforma le vicende narrate e le rende paradossali e grottesche, ambientate in un mondo a metà tra il selvaggio West e l’Italia di allora.

C’è tutto questo compresso nelle 187 pagine del volumetto cartonato rosso “I pensieri di... Paperone”, pubblicato nel 1973 da Arnoldo Mondadori Editore, scritto appunto da Martina e illustrato da Giovan Battista Carpi con magnifiche tavole a colori e in bianco e nero, pure con uno stile sgangherato e adattissimo al clima.

L’opera si presenta come un tentativo di fornire una biografia a un pessimo, pessimo Paperon de’ Paperoni, di qui il provocatorio richiamo nel titolo alla biografia di Paolo Villaggio. Un Paperone del quale il volume comprende anche un’ampia raccolta di aforismi, tutti legati al risparmio, l’affarismo spicciolo e la furbizia.

Un tentativo, forse, solo apparente. Difatti, Carl Barks ai tempi aveva dato solo qualche cenno qui e lì sulle parentele del papero più ricco del mondo; Don Rosa era ancora un pivello e la sua Saga forse neanche nei pensieri.

Ma proprio in Italia ai paperi già era stato dato un passato, e invece questa biografia immaginaria è del tutto slegata dalle vicende della Storia e gloria della dinastia dei paperi, uscita tre anni prima, e pure sviluppata da Martina, con la quale si pone in totale contraddizione.

In quest’ottica, sono due le figure centrali per la formazione del giovane Paperone: nonna Jenny e un anziano il cui nome non viene neanche mai fatto, ma a pensarci bene ricorda tanto il contadino “Giobatta detto Battagiò”, affiancato dal suo asino Platone e travolto dalla prima corsa di Paperinik a bordo della sua 313-X nella storia d’esordio.

Paperone nasce orfano: la cicogna lo deposita direttamente dalla nonna, Gianna detta Jenny “delle traversate”, appellativo conquistato perché si fa aiutare ad attraversare la strada, fingendosi cieca, e ottiene così elemosina.

Vive, inoltre, in povertà pur avendo accumulato denaro, che tiene ben nascosti in un giaciglio in realtà pieno di “verdoni”. Tanto che “Serena è la notte del povero, specie quando egli riposa su un materasso imbottito di fogli da mille!”, una delle tante citazioni tra le quali è impossibile scegliere.

E allo stesso modo comincia a comportarsi il nipote, peraltro già dotato di tuba, occhiali, ghette e palandrana anche da bimbo, che comincia a escogitare modi astuti e truffaldini per fare soldi come vendere banalmente “lucciole per lanterne” da impiegare, appunto, come pazzesca illuminazione.

Anche a scuola, in un clima che ricorda tanto il Pinocchio di Collodi, il paperotto si fa pochi scrupoli e riesce ad approfittarsi della sua maestra Luisa, ottenendo una doppia razione di cibo, finché l’insegnante muore, “stecchita, fredda e curva come un chiodo rampino”. E assieme a lei muore anche la nonna, che gli lascia in eredità un cospicuo tesoro.

Niente male, dal momento che “Il denaro non dà la felicità: beati quindi gli infelici! Meglio essere infelice con le tasche piene, che felice con le tasche vuote!”.

Perché dei defunti si sperticano tutti in lodi, quando pure in vita furono della peggior specie? “Quando la gente non può più far del male, tanto vale parlarne bene!”, l’eloquente insegnamento di nonna Jenny.

Paperone ha concluso la scuola, è di colpo un adolescente con tanto di diploma. Respinto a diversi colloqui, non ha poi troppa fretta di trovarsi un’occupazione anche perché: “Il lavoro nobilita, ma stanca”. Stacca così i manifesti pubblicitari dai muri per rivenderli a un rigattiere, e qui l’ambientazione western è andata completamente a farsi friggere.

Comincia a girare il mondo, scroccando passaggi gratis nei treni merci, finché non viene scoperto e scacciato via a calci. In questa conosce il suo mentore, un anziano senza nome, che vive con una muta di cani da slitta e che lo forgia ancora di più a coltivare valori negativi, mentre le migliaia di dollari diventano milioni sempre più crescenti.

Subito, perciò, si crea una coppia dedita alla truffa: i cani vengono venduti ogni giorno a un cliente diverso, e poi nottetempo fanno ritorno dai veri proprietari, che tengono i soldi. Quando il trucco viene scoperto e gli animali fuggono (offesi per la disonestà!), i due inventano altri espedienti, dal momento che “Per chi vuole arrivare (ad avere un buon conto in banca) non esistono né buone né cattive azioni. Esistono soltanto le azioni vantaggiose!”.

Alla fine mettono su una bisca clandestina costruita a metà tra il confine americano e quello canadese, pertanto ai giocatori basta muoversi da una parte all’altra a seconda di quale polizia dei due Stati faccia irruzione: il trucco crolla miseramente quando avviene un blitz di entrambe le forze dell’ordine.

Dopo la fuga i due si separano e il racconto di de’ Paperoni si chiude, non prima di regalare un’ultima massima: “Non accontentarti del troppo: è sempre troppo poco. Davvero... Troppo poco!”.

È una vicenda assurda: la Frontiera sembra l’Italia rurale del Dopoguerra ed è zeppa di riferimenti successivi e caustici all’epoca in cui Martina viveva. In fin dei conti, Paperon de’ Paperoni c’entra poco o nulla e il Professore se ne serve solo per i suoi giusti scopi, stravolgendolo e facendolo passare per un affarista da quattro soldi, baro, approfittatore, infingardo e senza ritegno.

Lo riabilita solo alla fine, quando si augura che i lettori abbiano “appreso quello che l’uomo onesto non deve mai fare”.

Dell’epica di Paperon de’ Paperoni qui non c’è traccia, e verrebbe voglia di pensare che questo personaggio così complesso non andava strapazzato così. Eppure... Fosse stato protagonista un “mister X”, questo racconto sarebbe stato gustoso, ma magari anonimo. Così come congegnato, diventa un must, tanto pittoresco quanto straniante.

Advertisement