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Collagestoriatopolinia

di Alberto Orsini

Pirati e cowboy hanno contribuito a fondarla, questo è certo. Ma restano per lo più avvolte nel mistero le origini di Topolinia, città che ospita le avventure di Topolino e dei suoi amici e nemici. Sceneggiatori e disegnatori non si sono indaffarati più di tanto a dettagliarla, e mancano informazioni minime anche basilari sul suo passato, se non quelle che è possibile tirare fuori da uno sparuto gruppo di storie neanche tanto memorabili. Dati, peraltro, spesso messi in secondo piano e solo per brevissimi passaggi.

Rispetto alla “collega” Paperopoli, poi, è mancato un autore che raccogliesse tutti gli spunti e decidesse di organizzarli raccontandone per filo per segno una versione storica coerente e completa, come fatto da Don Rosa per il mondo dei paperi. Anche per questo, sulla storia di Topolinia ci sono numerose versioni e informazioni diffuse su Internet, senza la citazione di fonti precise, ma che si rimpallano la responsabilità del singolo dato da un sito-enciclopedia all’altra. Procurandosi le storie originali, così, molti miti vengono sfatati e sono ben pochi i paletti che possono essere confermati e fissati.

La cronologia e i buchi[]

Punto primo, non esiste una vera e propria data di fondazione precisa. Si sa che alla fine del XVII secolo, un manipolo di bucanieri scelse un’insenatura della futura Baia di Topolinia per stabilirvi il proprio quartier generale. La zona prese il nome di Tabasco Bay (o Baia dei bucanieri). Da lì i filibustieri agli ordini di capitan Pismo Tabasco partivano per le loro scorribande e lì riportavano i loro tesori predati.

Riguardo all’epoca, non si può essere meno vaghi rispetto a “fine del Seicento”, e la data del 1690 o 1695 che si trova in giro parrebbe del tutto arbitraria. Anzi, a dirla tutta l’epoca viene asseverata solo nella mappa di Topolinia dell’album di figurine Panini nel 2003, e nel più recente dossier TopoTravel di Blasco Pisapia: in nessuna storia si parla neanche di XVII secolo, lasciandolo intuire dalla mera presenza dei pirati.

Nel presente senza tempo delle storie Disney, l’area di Tabasco Bay risulta tuttora esistente come piccolo villaggio turistico, comprendente un molo per le barche da pesca, una rivendita di attrezzatura ad hoc, l’Albergo del Corsaro gestito dallo zio di Topolino, Topone (o Marmaduke), una banca e qualche casa, fino ad arrivare a circa 300 abitanti come afferma un cartello. Su idea proprio di Topolino, qui si organizza un periodico Festival dei bucanieri, in cui residenti e turisti in maschera rievocano le scorrerie piratesche. (Topolino e il festival dei bucanieri, Carl Fallberg-Paul Murry).

A memoria di questo, nel TopoTravel Pisapia ha immaginato una banderuola dorata in forma di veliero posta sulla sommità della cupola centrale del Municipio di Topolinia, per ricordare a tutti i cittadini la discendenza da un manipolo di pirati.

Si sa, poi, che nel 1880, in un’area desertica non troppo lontana (ma la distanza non viene precisata) dalla futura zona urbana topolinese, esisteva il villaggio di frontiera di Spavent City. Una classica cittadina del West, ma non di secondo piano, dal momento che era munita addirittura di un ufficio di rappresentanza del Governo federale in cui poteva trovarsi casualmente a passare il presidente degli Stati Uniti.

Lì il miglior pistolero nonché trombettiere del momento, Topo the Kid, assai simile ma non imparentato con Topolino, pretese, in cambio del salvataggio da un assalto degli indiani del ministro J. B. Svanch, l’usufrutto integrale della Calidornia, regione definita “tutto quanto esiste nel territorio a Sud delle Cascate di Klanak e a Nord della Valle imperiale”: toponimi, questi ultimi, mai chiariti né mai più impiegati se non in quella singola vignetta (Topolino imperatore della Calidornia, Romano Scarpa).

Che differenza c’è tra Calidornia e Calisota? Boh. Si può ragionevolmente presupporre che Scarpa e Carl Barks, ideatori dell’una e dell’altra, non abbiano mai potuto o voluto parlarne per mettersi d’accordo. Le ipotesi in circolazione, la stessa cosa, l’una regione dell’altra, due territori differenti, sono tutte suggestive, e tutte inutili.

Dal 1880 al 1930, anno orientativo in cui il giovane Topolino compie le sue prime, mirabolanti avventure dallo Steamboat Willie in poi, c’è un buco di mezzo secolo, mica poco, durante il quale avviene un fatto sostanziale: viene fondata Topolinia. All’inizio cittadella di stampo rurale, poi centro urbano in rapida espansione dove ben presto bulli e pupi dell’epoca dei gangster la fanno da padroni, e servono giornalisti coraggiosi a raccontare una realtà tentacolare.

Un passaggio, quello della fondazione, mai raccontato, ignorato da tutte le storie e gli autori Disney, anche perché dapprima Floyd Gottfredson pensava a una generica città senza nomi di topi e paperi, senza stare troppo a preoccuparsi delle origini, poi si risolse a chiamarla Mouseville.

Nome, questo, che fu pure cambiato in Mouseton (quello attuale nei Paesi di lingua inglese), pare per problemi di copyright con l’omonima città Mouseville dove si muoveva Mighty Mouse, personaggio animato prodotto da Terrytoons e distribuito da 20th Century Fox. Tesi singolare, se la sua prima apparizione risale al 1942 mentre Topolino e il mistero di Macchia Nera, dove c’è la prima citazione di Mouseville, è del 1939, ma non sono reperibili altre informazioni al momento.

Il doppio fondatore[]

A fronte di questa carenza clamorosa, niente data né circostanze note della fondazione della città, è paradossale che siano stati nominati ben due fondatori di Topolinia, entrambi mai visti in azione ma raffigurati in forma di statue alla memoria: ancora una volta, però, come semplici comparse in storie non particolarmente ricordate. Entrambi sono di squisita creazione italiana.

Geremia Ratt è il più noto: compare nel 1995, nella storia Topolino e l’effetto trasmutatore, vicenduola cittadina scritta da Carlo Panaro in cui per un caso di sorte Pluto, un riccio e una libellula finiscono fusi insieme grazie a (o meglio, per colpa di) un raggio di Eta Beta, che assieme a Topolino insegue il mostruoso ibrido per mezza città. L’autore mostra conoscenza della storia e geografia topolinese citando, per esempio, la Torre dell’orologio teatro del mitico corto di Topolino, Pippo e Paperino del 1937.

E proprio a caccia del Pluto peloso e volante, l’azione si sposta, appunto, sul sito turistico di una statua gigantesca che viene chiamata di Geremia Ratt, fondatore di Topolinia, visitabile dall’interno. Esaurite le gag di un paio di tavole, finisce nel dimenticatoio.

Nell’unica versione esistente, disegnata da Giorgio Di Vito, questo Ratt ricorda un po’, anzi un po’ troppo, Cornelius Coot, fondatore di Paperopoli. Ha lo stesso copricapo alto e stretto, vestiti abbastanza simili da pioniere e la stessa posa di una mano nel porgere qualcosa, sebbene non ci siano pannocchie come nel caso del “collega” paperopolese. Con l’altra mano Geremia regge una bisaccia, contenente chissà che cosa nella sua leggenda mai narrata. La statua è molto grande, addirittura colossale, e si trova a poche centinaia di metri dal Mouseton Bridge, ma a parte questa storia non si rivedrà mai più.

Qualche anno prima, 1987, nella storia Topolino e la scia delle torpedini, Giorgio Figus alla sceneggiatura e Franco Valussi ai disegni avevano fornito un’altra versione, ancora più misteriosa: a fondare Topolinia, secondo loro, è stato un certo Harvey Esploribus, pure omaggiato con una statua. Purtroppo, nella vicenda il manufatto viene sciolto e deturpato nella parte superiore, tanto che non se ne possono vedere le fattezze, ma solo la parte finale della giacca, le calze e le scarpe di foggia ottocentesca. Né viene inquadrato il nuovo monumento che, si spiega, avrebbe dovuto sostituire quello precedente addirittura destinato alla demolizione.

L’ennesima zona d’ombra in una città che ha ancora molto da raccontare.