- Biblioteca di Alessandria
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La Biblioteca di Alessandria è una biblioteca scomparsa, situata ad Alessandria d'Egitto, la città fondata da Alessandro Magno (IV secolo a.C.) come capitale del suo impero.[1] In anni recenti, è stata edificata, sempre ad Alessandria, un'altra biblioteca in memoria della precedente, la Bibliotheca Alexandrina[2]
Storia[]
Intorno al III secolo a.C., la dinastia Tolemaica, che governava l'Egitto dopo la morte di Alessandro Magno, ordinò la costruzione, ad Alessandria, di una gigantesca biblioteca. Per i secoli a venire, fino alla sua distruzione (avvenuta probabilmente nel 270 d.C., ad opera dell'imperatore Aureliano), gli intellettuali e gli studiosi alessandrini raccolsero informazioni e libri da tutto il mondo, trasformando la biblioteca in un deposito contenente tutto il sapere allora conosciuto. Il sapere accumulato nella biblioteca comprendeva rotoli di papiri che narravano la storia dei Fenici, dei Micenei, degli Etruschi e di chissà quante altre civiltà perdute, nonché copie di grandi opere letterarie dell'antichità, per un totale di quasi mezzo milione di papiri, rappresentando quindi un immenso deposito di tutta la cultura del tempo.
Secondo le fonti, la biblioteca venne gravemente danneggiata da incendi che si svilupparono nel corso dei secoli, il primo dei quali avvenne nel 48 a.C., scoppiato durante la guerra combattuta da Giulio Cesare, guerra che distrusse gran parte della città, compreso il famoso Faro. A partire da questa notizia, Don Rosa ha costruito la sua storia, tra realtà e invenzione.[3]. In occasione di questo primo incendio, secondo Don Rosa appunto, la regina Cleopatra, ipotizzando tale eventualità, aveva ideato un gruppo per proteggere i libri, i "Guardiani della Biblioteca perduta", il cui simbolo, un ibis, rappresenta Thot, il dio egizio della sapienza.
I guardiani trasferirono tutto il contenuto della biblioteca in una stanza sotterranea, dove Cesare non avrebbe potuto distruggerli e lì rimasero. Sapendo che, però, i papiri non avrebbero potuto conservarsi a lungo, a distanza di 500 anni, i guardiani fecero copie di ogni libro della biblioteca e lo trasferirono nella capitale della civilizzazione dell'epoca: Costantinopoli, capitale dell'Impero Romano d'Oriente e luogo dove, a detta dei guardiani, avrebbe potuto svilupparsi nuovamente gli ideali della civiltà greca. Sfortunatamente, i 100.000 libri sparirono durante la quarta crociata, nel 1204, capeggiata dalla potente Venezia, rivale della capitale Bizantina.
Il contenuto della biblioteca di Bisanzio venne portato nel monastero di San Slanti, dove personalità del calibro di Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti trassero ispirazione per le loro opere. Addirittura un viaggiatore veneziano, Marco Polo, integrò la biblioteca, sprovvista di alcuni libri, che erano andati perduti, portandoli dai suoi viaggi in orienti, presso l'impero Khan. Sfortunatamente i libri andarono perduti nel 1485, dopo il crollo del campanile, dove i monaci ricopiavano i libri grazie all'utilizzo della macchina da stampa di Gutenberg. Nessun monaco tentò di recuperare i libri dalla torre in acqua, perché credevano fosse crollata a causa del demonio. I libri, in effetti, si trovavano ancora in quel luogo, ma l'umidità li aveva ormai ridotti in poltiglia. Fortunatamente era stata stampata dai monaci un'edizione in mille volumi, contenenti tutti i libri della biblioteca.
Quest'opera fu venduta a Lorenzo de' Medici, che mandò a un certo Christobal Colon, in italiano, Cristoforo Colombo, a prelevarla. Colombo, però, riconobbe il contenuto della biblioteca e scappò con i volumi a Sevilla, in Spagna. Ricercato dai de' Medici, Colombo caricò i suoi libri su una nave e salpò con essa verso Santo Domingo, paese Americano di cui era governatore. Sfortunatamente Ferdinando d'Aragona, saputo il contenuto dei libri trasportati dal navigatore, tolse la mansione di governatore a Colombo e si appropriò della biblioteca. Nel 1535 Francisco Pizarro portò i libri a Lima, città dai lui fondata, dopo la conquista dell'impero Inca. Qui gli spagnoli aggiornarono il sapere della biblioteca, aggiungendo tutta la cultura Maya, Incas, Azteca e Olmeca: il sapere della biblioteca divenne più che mai universale. Preoccupati per la sicurezza della biblioteca, nel 1579, decisero di riportare i volumi in Europa. Purtroppo un pirata, "El Draque", attaccò la "Nuestra Senora", la nave spagnola partita da Lima, che portava i libri, e la depredò. El Draque non era altro che Francis Drake, pirata a servizio della regina Elisabetta I d'Inghilterra; egli raggiunse una costa non ancora esplorata e, trovata una collina, vi fondò un forte, denominato Drakeborught, che divenne l'ultima sede della biblioteca perduta. Qui, però, con il passare degli anni i topi rosicchiarono i libri, rendendoli inutilizzabili. Fortunatamente, con il progetto di regalare i volumi alla regina, il capitano Drake ordinò ad un gruppo di paperi, tra i quali Fenton Penworthy, di ricopiare i fatti e i testi più significativi dei volumi in un unico grande libro. Nel 1596, però, Drake morì senza venir a prelevare i libri e Fenton rimase unico guardiano della biblioteca, decidendo di chiudersi dentro la biblioteca, per proteggerla, fino alla fine dei suoi giorni. Il libro unico venne trovato da Cornelius Coot, che lo donò al figlio, Clinton Coot, che lo utilizzò come guida per ogni membro del suo corpo eco-solidale: le Giovani Marmotte[4].
Quindi, il Manuale delle Giovani Marmotte contiene, oggi, il sapere della mitica biblioteca, con aggiunte centinaia di nozioni moderne. Il simbolo stesso del manuale è lo stesso dei Guardiani della biblioteca perduta, soltanto capovolto.
La parte della biblioteca rimasta ad Alessandria fu, come vuole la storia, distrutta dal califfo Omar quando conquistò la città nel 642. L’ultimo curatore, Labenius, riuscì, però, a mettere in salvo su una nave le pergamene più preziose, nascoste in anfore ermeticamente sigillate. Labenius portò il prezioso carico a Tirgis (l’attuale Tangeri), la sua città natale, con l’intenzione, forse, di portarle di là dall’oceano. La sfortuna però si accanì contro la sua impresa e il vascello fu distrutto da una tempesta. Delle anfore con le pergamene, molte affondarono sul fondale della baia di Tirgis; altre furono disperse dalla furia del mare; una di esse approdò sulle rive del Texas, dove fu raccolta da una tribù apache che, nel 1939, la donò a Top de Tops.
L’esploratore cominciò allora a indagare sul mistero della biblioteca perduta e riuscì, assieme al collega americano Arno McPipp, a localizzare il giacimento di anfore a Tigris. La preziosa scoperta fu però immediatamente trafugata dagli agenti della Birania e portata a bordo di una nave. Pochi giorni dopo, uno sfortunato tentativo da parte di Top di recuperare il maltolto portò all’esplosione della nave e alla perdita definitiva delle pergamene. Il bisnonno di Topolino non rinunciò però mai alla speranza di ritrovare, un giorno, quella parte del carico che Labenius era riuscito a mettere in salvo.[5]
Curiosità[]
- Don Rosa pone l' ultima sede della Biblioteca di Alessandria nei sotterranei del deposito di Paperon de' Paperoni.
- Per una trattazione più vicina al dato reale, si veda Luciano Canfora, La biblioteca scomparsa, Sellerio, Palermo, 1986