- Amelia e il folletto di Cartùsio
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Amelia e il folletto di Cartùsio è una storia sceneggiata e disegnata da Enrico Faccini, pubblicata sul numero 3488 di Topolino nel settembre 2022.
Trama[]
Amelia vaga irritata per le vie di Paperopoli dopo l'ultimo infruttuoso tentativo di rubare la Numero Uno e, spinta dal nervosismo, trasforma un idrante in un cactus. Il gesto non passa inosservato e le si accosta un uomo imbacuccato in un pesante giaccone e con un cappello calato fin su gli occhi: l'unica fattezza visibile è un enorme naso. L'oscuro personaggio si presenta: è il rigattiere Tusfa che, viste le facoltà magiche di Amelia, le chiede di aiutarlo a far salire il suo carretto su per una scalinata. La maga vuole però una ricompensa e Tusfa le offre una delle sue carabattole a scelta. L'attenzione della fattucchiera è subito attratta da un boccione di vetro nel quale è immerso il grazioso fantoccio di un folletto con in capo un berretto da giullare, con tre punte e i sonagli: si tratta -spiega il rigattiere- del folletto di Cartùsio, dotato di poteri singolari: si muove verso l’alto o verso il basso e i suoi movimenti vanno interpretati dal possessore.
Il valore dell'oggetto è superiore al piccolo aiuto che Tusfa desidera, tuttavia Amelia è irremovibile e il rigattiere acconsente allo scambio. La maga fa salire facilmente il carretto sulla scalinata e si porta via il boccione. Mentre si allontana, Tusfa le lancia un avvertimento: il folletto può dare fortuna, ma anche portare alla rovina.
Tornata sul Vesuvio, Amelia sistema l'oggetto su una mensola e si accorge che il pupazzo è salito in superficie: decide quindi di tentare una consultazione, nonostante sia scettica, e chiede al folletto se riuscirà mai ad avere la Numero Uno con le sue forze: il folletto affonda, la risposta è negativa. Quando però Amelia gli chiede se può aiutarla nell'impresa, il pupazzo riaffiora a indicare un sì. La maga è ancora perplessa: perché mai Tusfa le avrebbe dato un oggetto così prezioso in cambio di una magia di poco conto?
Decide allora di documentarsi e scopre dai suoi libri che Cartùsio fu un matematico del 1600, datosi all'alchimia nel tentativo di «misurare il caso che pare governare il mondo», misurazione che le leggi matematiche non avevano potuto fissare. Entrò in possesso del folletto e pensò di farsi aiutare da lui per risolvere i suoi interrogativi, ma l'esserino esigeva una «condizione spaventosa» per il suo aiuto e Cartùsio rinunciò alla ricerca e abbandonò il folletto in un luogo solitario.
Amelia è incuriosita e dubbiosa: consulta il libro delle risposte e ne ricava un «Attenta a ciò che chiedi»; pone quindi il vaso col fantoccio nella «teca isolante di Paracelso, che imprigiona gli incantesimi imprevedibili» e va a dormire.
In sogno, o forse non in sogno, in un servizio televisivo viene trasmessa l'immagine di un'Amelia bionda, divenuta Lady Emalia, ricchissima e famosissima ereditiera, la cui fortuna è circondata dal mistero. In contemporanea al successo di Emalia, si verifica la caduta in miseria di Paperon de' Paperoni, che nulla ricorda di cosa l'abbia portato alla rovina. Ma -spiega Emalia rivolgendosi ai lettori- l'accaduto a lei è ben noto: con un incantesimo si è impossessata della preziosa monetina, facendo insieme scordare allo zione le modalità del furto; neppure lei tuttavia sa chi l'abbia aiutata. Ricorda solo di aver fuso la Numero Uno sul Vesuvio e di averne ricavato uno strano amuleto (il folletto, scomparso dalla sua memoria) e che da quel momento è divenuta la beniamina della fortuna.
Visitando un museo, però, si trova davanti il ritratto di Cartùsio che pare fissarla con sguardo severo, mentre l'ombra proiettata sulla parete non è quella di Emalia, ma del folletto. Sentendosi a disagio, Amelia/Emalia si fa condurre dal suo autista nel quartiere dove ha incontrato Tusfa (ma che ha dimenticato); lì vi trova Paperone che ha accanto a sé il vaso col folletto, l'ultima cosa rimastagli ma la cui provenienza non sa spiegare. Amelia nota la somiglianza tra il pupazzetto di Paperone e l'amuleto del Vesuvio; acquista allora il boccione e lo porta nella sua lussuosa villa, sempre immemore di quanto avvenuto prima. Ma ad ogni momento, in ogni circostanza, nascosto dietro gli angoli delle case, c'è sempre Tusfa a vegliare.
Durante la notte, Amelia sente degli strani tonfi che sembrano provenire dal vaso col folletto, lo controlla più volte senza che accada nulla, ma all'improvviso la creatura da minuscola diviene grande quanto il recipiente e racconta alla donna la verità dimenticata: la maga era tornata da Tusfa a chiedere se il folletto potesse aiutarla nell'ottenere la Numero Uno e l'uomo le aveva detto che ciò era possibile, ma ad una condizione assai dura, condizione che Amelia però non volle sentire. Seguendo le indicazioni di Tusfa, trasformata in venditore di bibite, fece bere a Paperone una pozione che gli tolse volontà e memoria e lo zione consegnò la monetina, in cambio della quale ricevette il bottiglione. Tusfa poi rivelò la condizione ad Amelia, ma la fattucchiera chiese di poterla dimenticare.
Ora però si è giunti al redde rationem e il folletto vuole incassare ciò che Amelia si era impegnata a fare: dopo un anno di agi e successi, si sarebbe sostituita a lui nella bottiglia. Così lo strano essere, ingigantito, con lo stesso grande naso di Tusfa, esce dalla sua prigione, afferra Amelia e la mette nel boccione: sul carretto del rigattiere ora c'è lei a nuotare nel liquido magico e a chiedere inutilmente aiuto.
A questo punto Amelia si ridesta nel suo letto, ancora nera di capelli e con il vaso custodito nella teca di Paracelso: è stato dunque tutto un sogno? Per accertarsene va da Paperone e lo trova ancora ricchissimo e aggressivo; poi rintraccia Tusfa e gli riporta il vaso col folletto, ma il misterioso personaggio non parla e non si muove. Amelia gli strappa il cappello e vede che Tusfa è solo un fantoccio di stoffa, mosso probabilmente dal folletto. Impressionata si allontana velocemente, ma sente ancora alle sue spalle quei tonfi sordi…
Analisi e riferimenti[]
L'intreccio di questa storia è elaborato e richiede la collaborazione del lettore per le varie analessi, i mutamenti dei punti di vista, la molteplicità dei narratori degli eventi. Oltre alla complessità strutturale, sono rintracciabili numerosi rimandi culturali che partono naturalmente dal Cartesio storico (modificato in Cartùsio) ma si estendono ben oltre. Pare che Cartesio abbia avuto interesse per l'alchimia[1] e con la citazione di Paracelso, che alchimista certo era [2], oltre che medico, Faccini sembra voler evidenziare questo comune campo di ricerca. Nella storia Disney, i processi alchemici vengono richiamati nella fusione del metallo della Numero Uno e nelle pozioni che i protagonisti assumono per cancellare i ricordi: tutte cose già viste nei fumetti paperi, ma che qui assumono un valore ben più drammatico: siamo insomma di fronte ad una sorta di Patto col Diavolo faustiano e Faust, quello storico o almeno il supposto Faust storico [3], era anche alchimista, così come i personaggi letterari da lui nati. E per rimanere in tema, l'Homunculus, che compare nel dramma di Goethe, è altro elemento alchemico[4], un piccolo uomo generato in provetta e citato per la prima volta proprio da Paracelso; la versione facciniana della creatura alchemica è il non meno inquietante “folletto in bottiglia”.
Ma c'è un evidente altro riferimento, questa volta razionale, ed è il cosiddetto Diavoletto di Cartesio[5], una figurina che, muovendosi -come il folletto- verso l'alto e verso il basso in un contenitore cilindrico chiuso e pieno d'acqua, misura la pressione dei liquidi.
Che Faccini non sia nuovo a storie enigmatiche è fatto testimoniato da altri fumetti precedenti: Topolino e il mistero di Borgospettro per citarne solo uno; ma questa vicenda è forse più delle altre inesplicabile e turba il lettore anche nel finale in cui sembra ipotizzarsi un ritorno del temibile folletto.
Pubblicazioni italiane[]
- Topolino 3488 (2022)